Hortus Conclusus

Opere dal 2014 al 2015

OFFICINE9  Via del Casale Galvani 9. Roma

''Un alto muro nascondeva agli occhi del mondo l'orto, quello religioso ma anche quello borghese, con le loro piante officinali e quelle ad uso alimentare, con gli alberi da frutto e i fiori. Piante che, sovente, venivano scelte in virtù del significato popolare ad esse attribuito: così si coltivava la violetta perchè simbolo di modestia ed umiltà, il fico per la dolcezza ma anche perchè promessa di fertilità, il giglio per il suo candore che parlava di povertà e purezza. La disposizione di piante ed aiuole, la loro armonia invitavano alla contemplazione, a quel particolare tipo di meditazione capace di stimolare il percorso a ritroso della memoria, il recupero del proprio vissuto e quindi di se stessi.''

DERIVE

opere dal 2010 al 2013

presentazione di Ivo Bomba

La vera forza consiste nel sapere come lasciarsi andare.


Le forze abissali alleate a quelle eoliche esercitano sui corpi galleggianti in superficie un trascinamento che li porta verso lidi imprevisti. Sulle spiagge della Sardegna occidentale si possono trovare bottiglie di Evian o bombolette di Camping-gas abbandonate su una spiaggia delle Baleari, natanti involontari che hanno superato ogni tipo di flutti portati dalle correnti di deriva e dal vento di ponente. I rami degli alberi, un tempo coperti di cortecce simili a canyon fecondi e rugosi, gocciolanti resine e lungo le cui gole si aggiravano formiche laboriose, sono stati ridotti all’osso dal vento e dal mare salato: asciutti e bianchi, ormai irriconoscibili, levigati dalle forze modellanti della natura, questi legni attirano il nostro sguardo e ci invitano a provare col tatto la loro superficie liscia. Da tre anni Dante Carracini affida a queste forme restituite dal mare il suo messaggio, le assembla per creare i suoi monumenti minimi: tavole preziose in origine scarti di falegnameria poi montate con una sapienza da carpentiere medievale. A questi oggetti aggiunge una nuova pelle lavorandola con l’intensità dei pigmenti puri mesticati con uovo o caseina, dando loro una finitura a cera che fa rivivere quei legni disseccati di una nuova vita. La poesia è scritta graffiandone la superficie delicata per fissare le tracce del passato e progettare le fughe nel futuro. Uno scarabocchiare automatico grazie al quale i segni si rincorrono ingenui e raffinati sui diversi strati di pelle, testimonianza di un dolore addolcito dal fare con amore, con precisione, con totale dedizione. A volte leggeri come graffiti che ripercorrono gli itinerari della mente fluttuanti su un fondo bianco, a volte solenni come la voce del tempo quale l’Omaggio alla Palestina, monumentale come una porta bronzea, dove le foglie di ulivo celebrano quella arcaica ed arcana cultura. Coprire e raschiare via. E’ il procedere caro a Dante Carracini.

  • a7 Tecnica mista su tavola cm.65x56 2011
  • a2 Tecnica mista su tavola cm.30.5x62.7 2010
  • a3 Tecnica mista su tavola cm.37x39 2010
  • a4 Tecnica mista su tavola cm.65x56 2011
  • a5%2C tecnica mista su tavola%2C cm.70%2C5x98%2C 2011
  • a6 Tecnica mista su tavola cm.42,5x60 2011
  • b1 Tecnica mista su tavola cm.63x24 2010
  • b4 Tecnica mista su tavola cm.48x47,5 2011
  • b9 Tecnica mista su tavola cm.50x45.5 2012
  • b10 Tecnica mista su tavola cm.72,5x54,2 2012

Bestiario Minimo

opere dal 2007 al 2009

presentazione di Lorenzo Canova

Sincronicità della percezione e della memoria

Dal naturalista al frescante, dall’entomologo all’incisore fino al linguista e al lirico: l’opera di Dante Carracini contiene molte storie e molte anime riunite con solida leggerezza in una serrata visione estetica da cui scaturisce la poetica simultaneità dei suoi intrecci.
Carracini ha trovato infatti nella pittura il compimento di molte esperienze che fondano il suo multiforme metodo pittorico dove si uniscono le suggestioni dei palinsesti degli antichi affreschi e la storia millenaria, dell’illusionismo geometrico e decorativo, l’attenzione lenticolare per il mondo naturale, analizzato con lo sguardo attento e partecipe di uno scienziato e di un collezionista di rarità, e l’occhio diretto verso frammenti poetici e narrativi che a volte emergono in modo iconico o addirittura verbale dalla studiata tessitura dei dipinti.
In questo senso la pittura assume una valenza speciale per la sua possibilità di velare, incidere, rendere trasparente e coprire, in uno stile  dove il colore era dapprima concepito all’interno dei tasselli di un assemblaggio cromatico che nel tempo è divenuto sempre più fluido e dinamico e dove il disegno conserva un ruolo fondamentale nell’orchestrazione sempre più movimentata della pagina pittorica.
Il rosso e il celeste, il grigio, il verdino o ilrosa si risvegliano allora dal supporto come se la polvere dei millenni li avesse conservati e consegnati al presente dopo un lungo sonno, tornano alla vita con una suffusa e voluta opacità che dona alle immagini al contempo la severa lontananza del ricordo e l’ineludibile presenza del reale in un cammino che si ferma di fronte ai limiti invalicabili dell’impercettibile e inesorabile velo del tempo.
Come un restauratore di un’ipotetica archeologia del presente Carracini sembra pertanto recuperare le sue immagini da lievi e addensati strati di pittura 0, graffiando, segnando, slabbrando e raschiando il supporto, facendo pulsare le sue trame e le sue “tessere” di colore, facendo fremere i suoi orditi e le sue ramificazioni nello spazio sovrapposto del supporto dove la prospettiva si annulla all’insegna di una sempre più nervosa e fremente mescolanza e coincidenza dei dati iconici e coloristici.
I quadri di Carracini sono composti difatti attraverso un meccanismo che paradossalmente potrebbe coniugare lo scavo alla sovrapposizione, la sottrazione all’addizione e sono formati da un sistema complesso di rimandi abilmente dislocati all’interno di un percorso visivo che nel suo svolgersi ha associato spesso la razionalità di una possibile costruzione astratta all’inserimento di tracce iconiche, la regolarità della geometria alla frammentazione nel segno e nel flusso della pittura. Questo tragitto spesso tra la costruzione e una solo apparente decostruzione gioca in modo consapevole con le regole percettive dell’ordine e del disordine, con l’affermazione e la negazione dei loro codici in un viaggio dove l’artista ha avuto la necessità di ricreare le coordinate fondanti del suo linguaggio per poi stravolgerle in un fecondo dissolvimento da cui scaturisce una nuova qualità poetica.  Si potrebbe ipotizzare che Carracini abbia edificato e alterato questo sistema pittorico in modo affine alla paziente meditazione costruttiva e alla determinazione con cui i monaci buddisti compongono la  della Sapienzasembra negare le precedenti geometrie dei dipinti di Carracini diviene dunque il fondamento per una rinnovata vitalità e una più vibrante freschezza di ideazione e di realizzazione delle opere che vivono nell’ottica di una solo esteriore disarticolazione dove tutto si unisce per comporre il quadro complesso di un’unitarietà difforme e di una concordanza multipla dei tanti dati visivi selezionati e inseriti nello spazio assiepato e fremente dei quadri.
Carracini compone quindi delle opere all’insegna della sincronicità della percezione e della memoria che possono in qualche modo ricordare il Tutto di Alighiero Boetti declinato però in modo personale e autonomo mediante una pennellata spezzata, fluente, debordante che crea l’impressione di un caos controllato dove l’artista  è il dominatore assoluto che accompagna lo spettatore nei suoi labirinti dello sguardo. La natura e la cultura si saldano così nella simultaneità assoluta di quadri dove ci si può immergere abbandonandosi alla visione di insetti e di oggetti, di rettili e di parole, allo scorrere contemporaneo e coincidente di tracciati grafici e di macchie, allo slittamento di segni e di schegge figurative, nella frammentazione di un mosaico pittorico che esplode e si ricompone nell’equilibrio difforme e nell’espressione controllata della sua energia totalizzante.