Le Tanagrine di Dante Carracini

   Queste figurine provengono dal Tempo, dove Dante Carracini è andato a cercarle, scrutando nella grande pittura: dagli affreschi pompeiani alla classicità di Raffaello e Guido Reni, da grandi toscani inquieti come Pontormo o Francesco Furini alla solarità eccitata del Tiepolo.

Prelevate dal passato, compaiono ora nel nostro presente, evocate da un pennello rapido e liquido, che ne fissa una posa. Qualcuna accenna un passo di danza, qualche altra si arresta, quasi dubbiosa, su una soglia ignota, altre riposano sedute, o meditano raccolte, altre ancora interloquiscono con presenze a noi non date.

Dal Tempo vengono e nel Tempo stanno, visto che non c’è spazio ad ospitarle, ma solo un’aura luminosa e densa di colori delicati che le sospende sulla carta.

Una stessa veste scura accompagna, ora severa, ora leggera, il gesto elegante dei corpi.

Queste figure, tutte femminili, private dell’identità originaria e della storia alla quale appartengono, ci vengono presentate come varianti di un’altra identità, allora come oggi di necessità vitale: la Grazia.

Eppure un nome bisognava darglielo e anche questo è venuto dal Tempo: le Tanagrine. Le piccole statuine di terracotta dipinta, di cui la città greca di Tanagra  fu la produttrice più famosa, sono apparse come le sorelle di queste: figure femminili prese in gesti quotidiani, presenze delicate che echeggiavano discrete le pose preziose dei grandi scultori classici e le distribuivano alla normalità del vivere.

E’un filo lungo, dunque, quello che la Grazia dipana nel Tempo.